La guerra è il tipico aspetto maschile. Nel corso dei millenni, la storia ci insegna, si sono distinti condottieri ed eroi che hanno difeso la loro patria, hanno abbracciato una causa. Il tutto combattendo con valore e mascolinità. Ma chi dice che le donne non sono emblema bellico? In fondo sappiamo che nella mitologia greca, le Amazzoni erano donne vichinghe che rubavano e uccidevano insieme ai loro uomini. Così come sappiamo che Giovanna d’Arco, appena sedicenne, si mise alla guida dei francesi per sconfiggere gli inglesi (la sua era una fede patriottica sopra gli schemi). Non dimentichiamo poi la brigante del calibro di Michelina de Cesare, che dopo l’occupazione piemontese preferì sacrificare la propria vita per la libertà della sua terra. In questo elenco c’è posto anche e soprattutto per un’eroina partenopea. Parliamo di Maria Puteolana.
La storia di Maria è molto particolare. Sicuramente si perde nei meandri della leggenda e delle testimonianze, per cui diventa molto difficile ricostruire i passi storici.
In quel periodo la giovane decise di tirare fuori le unghie per difendere la sua terra dai pirati saraceni che approfittavano della terra napoletana senza rispettarla.
Maria aveva un solo obiettivo: dedicare la sua intera vita a questa strenua difesa. Non aveva paura di perdere la vita, cosa che poi avvenne durante un agguato. Fu infatti sopraffatta ed accerchiata dagli odiati nemici provenienti dal mare.
Il racconto di Francesco Petrarca
I primi documenti realistici sull’esistenza di questa figura sono riconducibili a Francesco Petrarca. Quest’ultimo infatti, nel 1341, su invito di re Roberto D’Angiò, era giunto a Pozzuoli per fare visita alla la leggendaria eroina, da lui chiamata “virago Maria” per la sua verginità.
A dirla tutta, il poeta si era già precedentemente incontrato con la guerriera durante un altro viaggio a Napoli, quando lei era ancora una bambina. A rincontrarla in età adulta rimase di stucco. La donna che si trovò di fronte, era completamente diversa. Era una giovane donna, senza bambole o gonne, ma armata di spade e armi: un’eroina. Petrarca scrive in un’epistola:
“Non pensava alle tele ma ai dardi, non all’ago e lo specchio ma all’arco e ai pugnali, non era accresciuta nella sua grazia dai baci o dai segni audaci dei denti ma dalle ferite e dalle cicatrici.”
Il poeta descrive nel dettaglio anche di una particolare prova che Maria Puteolana aveva creato per i soldati che comandava e per tutti coloro che andarono a visitarla. Pare avesse messo a terra un grande sasso ed un palo di ferro invitando tutti a smuoverli. Chiunque ci provasse, pur mettendo forza, non trovava modo di spostarli. E invece lei, con una facilità quasi abnorme, riuscì ad alzare il macigno e a lanciare la trave molto lontano.
Le testimonianze di Giulio Cesare Capaccio
Quanto scritto da Petrarca viene ripreso anche dallo storico Giulio Cesare Capaccio nella sua opera “Vera antichità di Pozzuoli”, del 1607. Lo studioso va più nel dettaglio. Dà una minuziosa descrizione della vergine puteolana e lasciano di stucco le parole usate per spiegare la sua incredibile resistenza fisica:
“Nelle guerre civili della sua patria andò vestita sempre da uomo e da soldato, e maneggiò con tanto valore l’armi che si era fatta a tutti formidabile. Dormiva quasi sempre in campagna, armata, pazientissima del freddo, del caldo e della fame, stimando in ogni tempo più soave ristoro il terreno, che la morbidezza dei letti, e per ornamento del capo femminile stimando più una buona celata che i ricci dei capelli o le reti d’oro.”