A Napoli più che una credenza è una certezza: il munaciello lo conoscono tutti tra storie e leggende e non solo. Stando alle dicerie di popolo o’munaciell è uno spiritello, un fantasma che infesta le case tra scherzi, dispetti e cattiverie.
Le sue manifestazioni in casa sono spesso simpatiche. Lascia soldi nelle tasche o nei cassetti, ma può anche fare scherzi fino ad esasperare la famiglia che lo ospita.
La leggenda del Munaciello secondo Matilde Serao
Molte sono le tesi per le quali il monaciello è davvero esistito quasi sicuramente intorno alla seconda metà al ‘400, al tempo degli Aragonesi. Anche Matilde Serao gli dedica uno spazio apposito nelle sue “Leggende Napoletane”.
La scrittrice fa coincidere la nascita del munaciello con lo sviluppo della storia d’amore tra Caterina Frezza, figlia di un ricco mercante di stoffe, e Stefano Mariconda, un povero garzone. I due si vedevano di notte, ad insaputa dei loro cari, per evitate che il padre di lei mettesse ostacolo al loro amore. Il giovane arrivava a casa di Caterina nel cuore della notte, camminando sui tetti di Napoli. Una notte però fu spinto giù da un tetto e morì. Nel frattempo Caterina aveva scoperto di essere incinta e fu pertanto rinchiusa in un convento dove diede alla luce il suo piccolo.
Il piccolo nacque però con delle malformazioni e la madre gli metteva indosso un saio ed un cappuccio per non farlo vedere. Tuttavia quando passava per le vie della città le persone iniziarono a chiamarlo Munaciello.
Quasi sicuramente in tenera età perse la vita, quantomeno sparì misteriosamente. Poco dopo la sua morte, delle ossa di nano furono ritrovate in una cloaca, il che lasciò pensare che i Frezza lo avessero tolto di mezzo. Il popolo napoletano diceva però di vederlo spesso per le vie della città godendo di ogni evento sfavorevole che accadeva a Napoli (questo per la sua sete di vendetta).
Matilde Serao descriveva così questo essere deforme che vagava per i quartieri partenopei (e che secondo le credenze vaga tuttora):
(…) Un’anima ignota, grande e sofferente in un corpo bizzarramente piccolo, in un abito stranamente piccolo, in un abito stranamente
simbolico; un’anima umana, dolente e rabbiosa; un’anima che ha un pianto e fa piangere; che ha sorriso e fa sorridere; un bimbo che gli uomini hanno torturato ed ucciso come un uomo; un folletto che tormenta gli uomini come un bambino capriccioso, e li carezza, e li consola come un bambino ingenuo ed innocente.
(Da Leggende Napoletane di Matilde Serao)
Altra leggenda a Napoli
Un’altra leggenda è quella degli antichi «pozzari», coloro cioè che lavoravano nelle cisterne sotterranee. Il loro compito era quello di percorrere il sottosuolo con le lucerne ad olio, le tute da lavoro e degli elmetti. Erano ometti piccoli, somiglianti a dei fraticelli, che si muovevano qua e là per la Napoli sotterranea attraverso delle nicchie presenti sulle pareti e create appositamente. Dal posto in cui si trovavano loro ai pozzi delle case il percorso era breve. Spesso dunque si intrufolavano nelle case e tenevano compagnia a mogli o figliole focose. A dirla tutta, nel giacere nei letti altrui ne approfittavano anche per rubare oggetti preziosi e cibi. Questi pozzari dovrebbero dunque rappresentare in un certo qual modo l figura del munaciello, che spesso fruga e ruba nelle case in cui si trova.
Da qui comunque, la fantasia si amplifica ancora di più, fino a giungere a dicerie molto più paurose. Come quella per la quale, i munacielli girano per adescare le persone mal capitate a cui promettono soldi e ricchezze in cambio della loro anima.
C’è chi parla di munaciello cattivo, chi di quello buono, chi di quello dispettoso. Sta di fatto che oggi nel XXI secolo a Napoli si crede ancora in fantasmi che girano per i quartieri partenopei rendendoli misteriosi e macabri allo stesso tempo.