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Campione olimpico di pugilato per antonomasia, Patrizio Oliva ha rappresentato sia per Napoli che per tutta l’Italia, l’orgoglio del coraggio e del sacrificio. Non a caso infatti fu campione a Mosca 1980, fu campione mondiale WBA dei superleggeri ed europeo dei pesi welter.
La storia di Patrizio Oliva
Patrizio Oliva, classe 1959, è un napoletano DOC. Appartiene ad una famiglia di origini calabresi che era finita in Campania per cercare di migliorare la propria situazione di lavoro. Nonostante, come lui stesso racconta nella sua autobiografia, sia cresciuto tra mille difficoltà non abbandona mai i suoi sogni. E infatti, appassionatosi alla nobile arte sin da ragazzino, segue le orme del fratello Mario (campione italiano nei dilettanti) e inizia ad ispirarsi alle abilità del leggendario Cassius Clay, in arte Muhammad Ali, punto cardine per il progresso della sua abilità.
La formazione da pugile
Soprannominato come lo “Sparviero”, le tecniche di Oliva sono molto minuziose e seguono davvero dettagliatamente lo stile di Ali. Appare un pugile sul ring dalla figura elegante, raffinata, e impara piano piano a mettere in atto il suo gioco di gambe e soprattutto affina la capacità d’uso del jab, un’arma su cui faceva un grande affidamento.
La sua formazione pugilistica inizia in una struttura epica per il settore, ovvero la palestra Fulgor di Napoli. A seguire l’avanzamento preparatorio di Patrizio c’era il maestro Giuseppino Silvestri, amato a Napoli per la sua carriera da pugile.
La promessa al fratello e la prima vittoria
Oliva non combatte solo per sé. Il suo scopo è quello di uscire fuori dallo status sociale povero in cui versa, e diventa un idolo per la sua famiglia e per la gente del quartiere. Sarà questo a spingerlo verso una promessa: ovvero quello di riuscire a scalare il tetto del mondo. Una promessa questa che finisce con il diventare un patto con il fratello Ciro, uno dei suoi fan numero uno, e che purtroppo lo lascia troppo presto (Ciro era una promessa del calcio).
Oliva dunque va a Mosca, nel 1980, e batte ben quattro avversari. A questo punto sale sul rin per la finale contro il kazako Konakbayev (da cui nel 1979 aveva incassato una sconfitta nella finale europea) e vince a pieni meriti.
La filosofia di Oliva e il verdetto dei giudici
A Mosca succede una cosa un po’ particolare. Ovvero Oliva sfrutta la sua filosofia (che spiegheremo più avanti) per riuscire ad arrivare al cuore dei giudici. 4 su 5 infatti dichiarano il pugile napoletano campione. Grazie a questo successo la Nazionale italiana di pugilato torna ad esultare dopo 12 anni di assenza ( l’ultimo a vincere un bronzo era stato Giorgio Bambini).
La filosofia di Patrizio era singolare. Essere intelligenti sul ring vuol dire tenere a bada la rabbia e scatenare al momento giusto la potenza. E infatti solo in questo modo il pugile riusciva a tenere sotto controllo anche gli avversari più potenti.
I titoli
Non appena giunto alla categoria professionisti nel 1980, dopo un anno circa viene proclamato campione italiano dei superleggeri per aver mandato giù Giuseppe Russi. Riducendo a difendere ben 4 volte il titolo, Patrizio decide di andare a concorrere per il titolo continentale, che conquista nel 1983 battendo Robert Gambini (titolo difeso ben 8 volte). La sua speranza tuttavia era quella di essere campione del mondo: e così il 15 marzo 1986, allo Stadio “Louis II” di Montecarlo, Oliva batte l’argentino Ubaldo Nestor Sacco e sfoggia orgoglioso la cintura WBA dei superleggeri.
Nel 1987, si sfida con Juan Martin Coggi, che gli inflisse la prima sconfitta della sja carriera (dopo 48 successi). Nel 1990 conquista il titolo europeo per la categoria pesi welter. Tuttavia nel giugno del 1992, cercò di prendersi la cintura WBC dei pesi welter, ma James McGirt riesce a spuntarla. Questo di il suo ultimo incontro: 57 vittorie, di cui 20 KO e appena 2 sconfitte (di cui una risalente al suo ultimo match).