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La storia della cucina partenopea vanta molti piatti gustosi, sfiziosi, che ancora oggi riescono a rappresentare fedelmente la città. Tra i cibi non possono mancare quelli appartenenti al settore che oggi viene chiamato street food, tra cui la pasta cresciuta.
Parliamo di palline di acqua e farina impastate fritte in olio bollente, che spesso vengono anche chiamate pizzelle fritte o zeppole salate.
Il sapore è unico e inconfondibile, una doratura croccante all’esterno ed un soffice impasto morbido all’interno. Vendute spesso insieme ai panzarotti, la pasta cresciuta fritta è una vera leccornia, facile anche da rifare a casa.
Un impasto semplice e buono senza altri ingredienti
Queste frittelle non hanno una vera e propria forma uniforme. Di solito sono tondeggianti ma con dei tratti irregolari date che vengono impastate rigorosamente a mano. La loro “morte” è in olio bollente e gli ingredienti per la preparazione sono poveri: acqua farina e lievito.
Ovviamente come solo Napoli sa fare, una ricetta tanto alla buona riesce a diventare un piatto prelibato, per la tradizione che racchiude. E in alcuni casi anche per gli ingredienti aggiuntivi utilizzati nella preparazione. Premesso che la pasta cresciuta può essere farcita praticamente con qualunque ingrediente, spesso a Napoli la si prepara con fiori di zucca, alghe di mare oppure alici.
La storia delle pizzelle di pasta cresciuta
La pizzelle fritte è ormai nota in tutta Italia. Tuttavia la loro storia umile ma gustosa è simile a quella dei panzarotti o delle pizze fritte ripiene. Esse infatti nascono nei tipici bassi napoletani, dove vivevano famiglie numerose che dovevano reinventare un lavoro pur di andare avanti.
Quando poi è nato il lavoro del panzarottaro, come i cocché anche le paste cresciute hanno preso l’appellativo di “ogge a otte”, cioè “la consumo oggi e la pago tra otto giorni”. Chi le vendeva facilmente faceva credito ai clienti permettendo loro di pagare i giorni successivi.
Emblema del cuoppo
Le zeppulelle di pasta cresciuta occupano quindi un posto speciale all’interno del tipico cuoppo napoletano, ancora oggi molto famoso e fiore all’occhiello dei migliori ristoranti della città. Insieme allo scagnuzziello, ai panzarotti, alla verdura fritta in pastella (ma anche agli arancini di riso e alle frittatine di pasta) vengono di solito consumate negli antipasti delle pizzerie e dei ristoranti di zona.
Comunque la loro semplicità di preparazione consente agli appassionati di cucina di farle a casa senza nulla invidiare a quelle dei ristoratori.
Altri nomi della pasta cresciuta
Molto spesso, a Napoli, a ” past crisciut” viene chiamata zeppolina purché accompagnata dall’aggettivo salata. Non sia mai infatti che la si confonda con un altro prodotto tipico della tradizione partenopea, quali le zeppole dolci di San Giuseppe.
Non ci è voluto molto per far sì che questa bontà per il palato acquisisse fama anche fuori la Campania. E infatti, un simile prodotto si trova anche in Calabria dove però sono invece chiamate con il nome di crispelle. Qui l’impasto richiede acqua farina e lievito ma con l’aggiunta delle acciughe sotto sale. Stesse sorti in Puglia dove il nome è pettole e dove la pasta viene insaporita dall’aggiunta di acciughe o in alternativa di broccoli, o ancora di baccalà.
La ricetta
Per quel che concerne la preparazione, la ricetta è la seguente. Gli ingredienti sono:
- 250 g di farina
- 250 g di acqua
- 10 g di lievito di birra
La prima cosa da fare è dedicarsi alla pastella a base di farina e acqua tiepida. Mentre si impasta aggiungere un po’ di lievito di birra (la quantità è indicativa e dipende dal numero di zeppole che si vogliono preparare).
Bisogna impastare bene, fino ad ottenere una pastella che deve avere una consistenza morbida ma non troppo liquida. Ad impasto pronto, far crescere la pastella per circa 2 ore. A questo punto mettere a scaldare l’olio e aiutandosi con due cucchiai versare le piccole palline in olio bollente, poche frittelle per volta. La cottura sarà ultimata quando si presenteranno con colore dorato. Volendo le si può servire con rucola e pomodorini: in tal caso prenderanno il nome di scugnizzielli.