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La regione Campania è tra le prime in Italia per tradizioni e leggende. Non a caso ancora oggi tra i napoletani le credenze sono vivide, tanto da incuriosire anche il resto degli italiani. Una delle storie più affascinanti del capoluogo campano è data dalla Leggenda della Sirena Partenope. Un racconto pieno di sentimento, e che giustifica anche il motivo per il quale i napoletani vengono spesso chiamati “partenopei”.
La leggenda originale della sirena Partenope
Come per ogni cosa anche per questa leggenda esistono diverse versioni. Tuttavia quella originale, quella più accreditabile è la seguente.
La storia mitologica narra che Ligeia, Leucosia e Partenope fossero tre sirene (bellissime) nate dalla Musa della Tragedia Melpomene e dal Fiume Archeoo, il corso d’acqua più importante di tutta la Grecia.
Le tre sorelle erano incantevoli, la loro bellezza non aveva eguali. Tuttavia erano state tutte maledette: se un uomo avesse rifiutato il loro amore, le sirene sarebbero morte. Quando le sirene cantavano, i pescatori rimanevano ammaliati dalla loro voce fino a gettarsi in mare per raggiungerle. Un gesto che portava gli uomini alla morte.
Un giorno le sirene si imbatterono nell’astuto Ulisse, il quale, avvisato dalla Maga Circe delle doti ammaliatrici delle sorelle, aveva pensato bene di tapparsi le orecchie. Invitò i suoi uomini a fare la medesima cosa, e addirittura si fece legare all’albero maestro della nave, per essere sicuro di non avere la tentazione di ascoltare il loro canto.
Pertanto quando la nave passò nei pressi degli scogli dove le sorelle cantavano, nessuno degli uomini si gettò in mare. Un simile rifiuto, la resistenza cioè di quegli uomini alla loro bellezza, deluse molto Partenope, la quale per il dolore decise di gettarsi dalla roccia più alta.
Il suo corpo fu trascinato dalle onde fino al golfo di Napoli, più in particolare sull’isolotto di Megaride. Trovato poi da alcuni pescatori, i quali pensarono fosse una creatura divina mandata loro per buon auspicio, si dissolse poco dopo e diede a Napoli la sua attuale forma. Si narra infatti che la testa sia rappresentata dalla Collina di Capodimonte, mentre la coda è la collina di Posillipo. Ecco perché gli abitanti di Napoli, ancora oggi vengono detti Partenopei.
La variante di Matilde Serao
Come anticipato, la leggenda ha molte varianti. Una di esse è quella della scrittrice Matilde Serao, la quale descriveva Partenope come una ragazza greca innamorata di Cimone, eroe originario di Atene. Purtroppo i due non potevano stare insieme in quanto la ragazza era stata promessa sposa come per tradizione ad un altro uomo. L’amore tra i giovani era così forte che decisero di fuggire insieme. I due giunsero proprio nel golfo di Napoli.
Fu cosi che Partenope e Cimone iniziarono a vivere la loro storia d’amore alla luce del sole. Addirittura stando alla Serao, i due furono presto raggiunti dalle rispettive famiglie, le quali accolsero di buon grado la loro unione. Ebbero insieme 12 figli, e così Partenope divenne la madre del popolo napoletano. Secondo questa versione del mito, la ragazza vive ancora per vegliare sul suo popolo.
La versione del 1800
Infine nell’800 si diffuse ancora un’altra versione del mito. Anche qui Partenope veniva descritta come una sirena che abitava le coste del golfo di Napoli. Un giorno fu avvicinata da un centauro chiamato Vesuvio: in quel momento il dio dell’amore Eros decise di metterci lo zampino, facendoli innamorare perdutamente.
L’amore reciproco tra i due era splendido ma aveva smosso l’invidia di Zeus il quale a sua volta era attratto dalla giovane. Dunque decise di intervenire per separarli. Trasformò Vesuvio in un vulcano in modo tale che la sirena non ci si potesse avvicinare. Tuttavia l’assenza di Vesuvio faceva soffrire Partenope, la quale in un impeto della passione, decise di uccidersi. Il mare trascinò il suo corpo presso l’isola di Megaride e diede così forma ad una città ancora oggi incantevole per il suo aspetto (e non solo).