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Se chiedi a Napoli, cos’è il babà sai come ti rispondono? “O’ babbà è na cosa seria. Co’ babbà non s’ pazzea”. Che tradotto sarebbe ” il babà è una cosa seria, mai prenderlo come gioco”.
E in effetti il babà napoletano rappresenta la città in ogni sua dolce sfaccettatura, facendo innamorare grandi e piccini ogni volta che lo si addenta. Scontato sarebbe dire che parliamo di un dolce, semplicissimo nella sua consistenza, ma con un gusto inimitabile, che riempie la tradizione pasticciera partenopea.
La storia del babà napoletano: le origini francesi
Pur essendo emblema della città, il babà non trova origini a Napoli. La sua storia ha inizio nel ‘700 nella Lorena, a Luneville (a con fine tra Germania e Belhio). All’epoca il sovrano polacco Stanislao Leszczinski, amante dell’arte culinaria, risiedeva nel paesino in esilio. Un giorno bagnò una fetta di Kugelhopf, dolce austriaco, nel madeira, ottenendo un dessert molto apprezzato. Quel dolce tipico prese dunque nuove forme, nuove lievitazioni e fu arricchito da altri ingredienti come canditi, zafferano e canditi.
Nel frattempo la figlia di Stanislao era andata in moglie al re di Francia Luigi XV. Trasferendosi a corte, a Versailles, aveva portato con sé, Sthorer, il pasticcere del padre. Sthorer seguiva molto le tendenze del momento così decise di bagnare il dolce di Stanislao con il liquore alla moda in quei tempi, ovvero il rhum. Qualcuno invece racconta che in un momento di ira il re polacco avesse scaraventato via il dolce colpendo una bottiglia di rhum che bagnò il dolce. Assaggiandolo fu sorpreso del sapore particolare assunto dal dessert, e così decise di dare al dolce in nome si Babà, prendendo spunto da Alì Babà, il protagonista del celebre racconto tratto da uno dei suoi libri preferiti, “Le mille e Una Notte”.
Comunque sia andata, il sapore del dolce cambiò radicalmente (qualcuno dice che Stanislao non lo accettò di buon grado) e riscosse rapidamente successo a corte. Nel frattempo le ricette si evolvevano, furono aboliti canditi e zafferano, e fu data una forma simile a quella di un fungo. Ben presto il dolce giunse anche in Italia.
Sthorer intanto decise di aprire una pasticceria che esiste ancora oggi a quell’ indirizzo, al numero 52 di rue Montorgueil.
La storia del babà a Napoli
A Luigi XV successe Luigi XVI, la cui cognata (sorella della moglie), Maria Carolina d’Austria, aveva sposato il re di Napoli Ferdinando IV di Borbone. Abituata agli usi di corte francese, la regina portò con sé a Napoli alcune ricette tipiche della tradizione francese come il gratin e la besciamella.
E ovviamente il babà, che non tardò a divenire un dolce caratteristico della città di Napoli. Di lì a poco quel succulento dessert era diventato tra i più venduti nei caffè napoletani. Nel 1836 infatti fu inserito nel primo manuale di cucina italiana di Agnoletti.
La ricetta
Per quel che concerne la ricetta, gli ingredienti sono:
- FARINA MANITOBA 300 g
- UOVA 6
- ZUCCHERO 60 g
- LIEVITO DI BIRRA SECCO 5 g
- BURRO 70 g
- RHUM 350 ml
- ACQUA 500 ml
- BUCCIA DI ARANCIA 40 g
Prendere una ciotola e metterci la farina, il sale e lo zucchero. Da parte invece sciogliere il lievito nell’acqua. Lentamente mischiare il lievito e iniziare ad impastare finché non si ottiene un composto sbriciolato. Prendere poi le uova fredde e il burro sciolto e aggiungerli al composto. Lavorare con lo sbattitore fino a quando il composto non si stacca dalle pareti.
Imburarre una terrina per babà e versarvi dentro il composto ottenuto, per farlo lievitare almeno due ore (in forno a luce accesa). Impiegare questo tempo per sciogliere acqua, zucchero e buccia d’arancia in un pentolino. Aggiungere alla miscela il rhum e tenere in posa 10 minuti.
Trascorse le due ore prendere l’impasto e forare la superficie per versarvi su il rhum misto a zucchero. Ripetere il passaggio almeno 4 o 5 volte finché non assorbirà il tutto. Mettere a riposare il babà per tre ore prima di servirlo.