Indice dei Contenuti
Il capitone è un pesce molto amato a Napoli, che fa parte di una millenaria tradizione culinaria natalizia. Viene mangiato rigorosamente fritto, e si prepara per la cena della Vigilia di Natale. Rappresenta uno dei piatti tipico per antonomasia che non dovrebbe mai mancare sulla tavola imbandita del 24 Dicembre. Stando alla tradizione i capitoni si devono comprare vivi dal pescivendolo il giorno prima della Vigilia di Natale.
La storia
Il vero Capitone fritto ha una sua storia ben ancorata agli usi partenopei. Ovviamente sorge spontaneo domandarsi il motivo per cui a Napoli la vigilia di Natale si cucina il capitone insieme a tanti altri piatti della tradizione. Secondo alcune dicerie antiche il capitone, che ha le sembianze di un serpente, viene considerato simbolo del demonio. Per cui, mangiare il capitone ha il significato metaforico di uccidere il male. Il capitone, che in pochi sanno sia la femmina dell’anguilla, è un must a Napoli tanto da essere persino citato spesso nella cinematografia napoletana.
Rappresentando un emblema della tradizione, l’anguilla è anche protagonista dei detti popolani. Come quello che recita:
Addò he fatto o pumpier? Int a vasca c’è capitun? Che tradotto vuol dire “hai imparato a fare il pompiere nella vasca dei capitoni?
Il detto rappresenta un modi carino per deridere colui che cerca di mettere in evidenza capacità che in vero non possiede.
Il vero Capitone a Napoli
I quartieri per antonomasia, che vendono il top del capitone sono la Pignasecca e Porta Capuana. A partire dal 23 dicembre i negozi restano aperti h24, lasciando le strade illuminate quasi come si fosse in un paese pittoresco.
Le casse d’acqua piene di pesci di ogni generano brillano sui banconi, rievocando quasi le nature morte barocche. Tra la bontà dei frutti di mare, e l’amore per il sapore unico dei branzini, il capitone diventa il fiore all’occhiello dei pescivendoli.
Il processo di acquisto e preparazione alla Vigilia
I napoletani ci tengono ai loro usi. Ecco perche comprano vivo il capitone dal pescivendolo il 23 di Dicembre. La tradizione spiega anche il perché di questa usanza: nella notte che ricorda la nascita del Dio sceso sulla terra per il perdono degli uomini, il capitone rappresenta la causa dei peccati umani: ovvero il serpente tentatore. Comprarlo vivo, ammazzarlo, e farlo a pezzi deve fungere quindi da rito sacrificale. Questo però, solo dopo averlo allevato amorosamente per alcuni giorni. La tradizione vuole che siano le donne ad occuparsi di tutto l’iter per una sorta di vendetta nei riguardi della loro ava Eva. Ovviamente insieme a tanti altri piatti della tradizione.
Grattandosi inoltre di un pesce delicato, che si deteriora nel giro di breve tempo, occorre che tra il taglio e la cottura passino poche ore.
Il nome capitone è stato scelto dai napoletani (derivano dal latino “caput”, testa) per indicare la femmina dell’anguilla e guai a mancare durante la cena della Vigilia di Natale. Assaggiare almeno un pezzetto sarà di buon auspicio per un nuovo anno, felice e sereno.
Il Capitone al cinema
Stando ad alcune leggende popolane, durante la vigilia di Natale gli animali parlano e gli uomini stazzo zitti. Eccezione per i capitoni che invece fuggono via.
A ricordare questa storia metropolitana c’è la commedia “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo, nonché Così parlo Bellavista di Luciano De Crescenzo. L’animale, poveretto, si dimena strisciando sul pavimento per fuggire e tutta la famiglia prova a ripescarlo. Mai venga a mancare in tavola dei napoletani il sacrificabile capitone.
Capitone fritto napoletano: ecco la ricetta
Per quanto concerne la ricetta tradizionale del capitone partenopeo, vediamo la insieme. Ingredienti:
- 1 kg di capitone eviscerato
- qualche foglia di alloro
- farina di semola rimacinata
- olio di semi di arachide per friggere
- sale q.b.
Preparazione:
Per pulizia dei capitoni (fase essenziale) si richiede la decapitazione e successivo scavo delle interiora. A questo punto si può tagliare a tocchetti tutto il pesce, ognuno lungo almeno 10 cm circa. Prima di impanare ognuno dei tocchetti vanno asciugati con carta assorbente per poi intingerli nella semola macinata. Il pesce va fritto in olio abbondante a fiamma alta finché la panatura non si dora. Dopodiché prenderli con una schiumarola e metterli su fogli di carta assorbente (in questo modo perderanno l’olio in eccesso). Con una piccola spolverata di sale, portarli in tavola caldi.